Descrizione
Valeria Ibraeva, Enrico Mascelloni e Sarenco, La sindrome di Tamerlano. Arte e conflitti in Asia centrale. Skira edizioni 2005
La Sindrome di Tamerlano raccoglie le opere di alcuni tra i migliori artisti dell’Asia Centrale ma soprattutto pone al centro dell’attenzione la questione del conflitto in un luogo tradizionalmente “caldo”. In un’epoca che vede aumentare senza sosta l’estensione di queste “zone calde”. È ben nota, sin dagli esiti delle avanguardie storiche, la capacità dei linguaggi più audaci di sapere fare i conti con il proprio tempo e di anticiparne persino le dinamiche. Il potere della previsione dell’avanguardia non è stato eguagliato neanche dalle scienze della natura. L’arte migliore sa tracciare le ragioni profonde dei conflitti e non ha mai temuto di prendervi parte. In tal senso la radicalità di alcune opere in catalogo poteva sembrare persino esagerata …
Come si configura una nuova identità islamica in Asia Centrale nell’epoca di un conflitto che attraversa larghe parti del Medio Oriente, del Caucaso e del Sub-Continente Indiano ed in cui l’Islam radicale è un protagonista indiscusso? A rispondere o piuttosto ad attraversare le questioni di cui sopra saranno gli artisti di questa mostra e le loro opere: Said Atabekov (Uzbekistan 1965), Smail Bayalev (Uzbekistan 1952), Kasmalieva & Djoumaliev (Kyrgyzstan 1960 e 1965), Alimzhan Gorobaev (Kyrgyzstan), Rhustam Khalfin (Uzbekistan 1947), Roman Maskaliov (Bishkek 1977), Erbossyn Meldibekov (Kazakhstan 1964), Almagul Menlibaeva (Kazakhstan 1967), Saken Narynov (Kazakhstan 1946), Gennady Ratushenko (Siberia 1941), Georgy Tryakin-Bukharov (Siberia 1943), Alexander Ugai (Kazakhstan 1978). Le opere, spesso di grandi dimensioni, a volte di carattere installatorio, verranno allestite nelle sale di Palazzo dei Sette di Orvieto (9 luglio 2 ottobre 2005) dagli artisti stessi. Protagonisti di una nuova generazione centroasiatica, essi affrontano le questioni della violenza e del conflitto, dello sciamanesimo e dell’Islam, delle metropoli già sovietiche e della “steppa eterna” avvalendosi dei media tecnologici come il video e la fotografia, dei materiali tradizionali come il feltro, dei linguaggi canonici come la pittura e la scultura.